Di Eugenio Ferrari,
presidente Assoretipmi
C’è una discussione da poco presente nel nostro gruppo RETI DI IMPRESE PMI su Linkedin, FUGA DALL’EURO: I PRO E I CONTRO (http://lnkd.in/dMziZQq) che sta riscontrando un enorme interesse, anche se appena iniziata.
Per noi suscitare questo interesse non è certo una novità, ma questa volta il tutto è accentuato dalla mancanza di possibili considerazioni alternative: o si è a favore della permanenza nell’Euro, o si è contrari. E le argomentazioni sono perfette e illuminanti da entrambi gli schieramenti. Commenti che alla fine proprio per la giustezza delle tesi che si contrappongono fanno percepire che mai come in casi di questo tipo si stenta a trovare quel punto di equilibrio che potrebbe dare a tutti la tranquillità di voltare pagina e di dedicarsi a faccende molto più urgenti da mettere a posto, quelle che interessano il privato di ognuno di noi.
Stiamo diventando, nostro malgrado, e con diverse capacità e attitudini, dei macroeconomisti in erba ( qualcuno in realtà con ben più consistente spessore). Nostro malgrado perché, dopo decenni di scarsa attenzione a politiche monetarie, manovre del governo, leggi finanziarie, politiche e speculazioni di borsa ecc ecc, il nostro privato è stato invaso da un costante martellamento di quello che succede a Maastricht, Strasburgo, e altre amene località che per la maggior parte di noi rimarranno per sempre misteriose e difficili da cercare anche sulla carta geografica.
Di fronte alle politiche macroeconomiche che spesso sono a loro volta condizionate da quello che succede in paesi esotici e lontanissimi da noi, le nostre imprese si trovano così a prendere decisioni che spesso non hanno nulla a che fare con la normale gestione microeconomica, quella cioè che serve per far quadrare il bilancio a fine anno. E anche dando per scontato lo status quo (rimanere nell’Euro), che poi è l’unica cosa alla quale fare riferimento oggettivo, il problema non è certo di minor portata.
Il sistema capitalistico si basa da sempre solo sulla concorrenza: concorrenza con l’impresa dirimpettaia, con la città vicina, con la regione limitrofa, con gli stati confinanti, e alla fine tra interi continenti. Salari, stipendi, tutela dei lavoratori, qualità dei prodotti, tutela dei consumatori, ricerca scientifica : tutto ha un costo più o meno rilevante, in base a quello che un paese si dà come obiettivo “sociale”, e tutto invece può essere alleggerito di alcuni o più di questi costi, rendendo i prodotti più competitivi, più concorrenziali ma magari anche meno sicuri e con un basso o inesistente rapporto produttivo di tipo etico. Ed è in questo preciso punto che i due sistemi, Macro e Micro, convergono, ed è su questi che si decidono i destini e la stessa sopravvivenza delle nostre imprese.
Ma a queste condizioni totalmente asimmetriche, è come se le nostre piccole imprese (il 98% del tessuto produttivo Italiano) si trovassero perennemente in una strenua competizione quotidiana, ma sempre e solo nella categoria sbagliata: come su un ring tra un peso piuma contro un peso massimo, come su una corsia dei quattrocento metri a ostacoli, ostacoli che invece mancano nelle corsie di fianco.
Quindi, chi ancora è scettico e si chiede cosa sono e come nascono le Reti d’Impresa, e anche dopo le opportune spiegazioni continua ad essere scettico e dubbioso, deve per forza arrendersi all’evidenza della storia umana, a ciò che da sempre l’uomo ha fatto per superare una difficoltà non causata da sé stesso, ma immanente a lui e superiore alle sue forze di singolo, fin da quando alcuni umani riuscivano a prendere in trappola esseri giganteschi come i mammuth. L’uomo ha da sempre saputo unirsi, e proprio da quell’unione spesso solo “difensiva” sono scaturite alcune delle più importanti conquiste dell’umanità.
La società stessa nella quale viviamo, senza fare facili e banali riferimenti, è già essa stessa una rete, una grande rete protettiva che aiuta la sopravvivenza degli uomini attraverso la convivenza tra gli uomini. Non vedo quindi niente di così strano, misterioso e arcano nel trasferire il concetto su un piano più ristretto, privatistico e mirato come le Reti d’impresa. Se proprio dovessi dare la mia opinione, anche dal punto di vista antropologico oltre che strettamente economico, sarei molto più sorpreso del contrario, che cioè, nel nostro panorama attuale e futuro, alle Reti non ci fossimo arrivati mai.
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