di Eugenio Ferrari
Ma la fortuna e la sfortuna, esistono ?
O, al contrario, per costruire qualcosa, per raggiungere un obiettivo, sono sufficienti il pensiero scientifico-razionale ed una strategia efficace ? Quanto c’è di imponderabile nel successo o nell’insuccesso di una iniziativa ? E le capacità individuali sono davvero misurabili oggettivamente, o sono solo una constatazione ex post, a risultato raggiunto ?… Qualcosa di imponderabile, in qualsiasi attività umana, deve esserci per forza, qualcosa che noi non riusciamo mai a razionalizzare e a governare completamente, altrimenti ogni nostro progetto andrebbe a buon fine, cosa che invece, pur con tutto il rigore e la scientificità possibili, molto spesso non accade.
In momenti di crisi come quello attuale, si assiste sempre all’aumento di chi si affida al gioco d’azzardo, ai gratta e vinci, slot machine, poker & company per risolvere i propri problemi
E la tentazione di affidare il proprio destino alla fortuna piuttosto che al pensiero razionale, è una cosa che da sempre accompagna l’uomo, obbligandolo a ritentare, rendendolo schiavo di un’illusione, anche quando lacerato da mille tribolazioni e sensi di colpa come ne “Il giocatore” di Dostojevsky.
Dal “Faber est suae quisque fortunae” (Ognuno è arteficie del proprio destino) di Appio Claudio Cieco ai gratta e vinci di oggi passa tutta la storia del pensiero occidentale, perennemente oscillante, anche a livello filosofico, tra il pensiero razionale, deterministico e cartesiano e la propensione all’immanenza, al destino, sperimentando noi stessi (a tutti sarà successo almeno una volta …) qualche fortunata coincidenza dal vago sapore miracolistico che magari ci ha lasciato increduli dandoci, anche solo per un istante, una piccola sensazione di onnipotenza.
Credo che tutti noi che ci confrontiamo quotidianamente su temi fortemente concreti, siamo poco inclini ad abbandonare la convinzione che tutto quello che possiamo raggiungere dipenda quasi totalmente da noi stessi, dalla nostra volontà, dalle nostre attitudini e capacità, salvo poi essere del tutto impreparati, nel caso di insuccesso in qualcosa, nell’individuare i nostri limiti, e renderci esattamente conto di quali fattori siano stati la causa di quell’insuccesso.
In attesa delle considerazioni di chiunque abbia voglia di esprimere un’opinione su questi temi, e parlando di razionalità e irrazionalità, di fortuna e di sfortuna, di successo e di insuccesso, c’è una piccola storiella Zen che secondo me, nella sua essenza e semplicità, può regalarci un sorriso ed uno spunto di riflessione sul ruolo della fortuna e della sfortuna nelle nostre vite, e che propongo a tutti di leggere, in questa domenica di mezza estate.
Buona lettura.
“Fortuna, sfortuna …. e chi può dirlo ?”
C’era una volta in un lontano paesetto un povero contadino che traeva di che vivere da un campicello che lavorava assieme alla moglie e al figlio e con l’aiuto di un cavallo. Un giorno il recinto venne lasciato inavvertitamente aperto e il cavallo fuggì. I vicini, appresa la notizia, esclamarono: “Poveretto, che sfortuna, e adesso come farai a lavorare?”. Il contadino rispose: “Sfortuna, fortuna … e chi può dirlo ?”
I vicini restarono perplessi nel sentire quella strana risposta. Dopo qualche settimana il cavallo che era scappato tornò portandosi dietro una mandria di cavalli selvaggi che furono rinchiusi nel recinto. I vicini, vedendo tutti quei cavalli, esclamarono: “Che fortuna!” E il contadino ancora una volta rispose: “Fortuna, sfortuna …. e chi può dirlo ?”
I vicini restarono ancora più perplessi nel sentire quella risposta. Dopo qualche giorno, mentre il figlio stava domando uno dei cavalli, cadde a terra e si ruppe un piede. I vicini subito esclamarono: “Che sfortuna, e adesso come fai?!” E il contadino ancora una volta rispose: “Sfortuna, fortuna… e chi può dirlo ?”.
I vicini non sapevano più che cosa pensare del vecchio. “Forse è matto!”, pensarono. Dopo qualche settimana comparvero in paese alcuni soldati che reclutavano i giovani validi per la guerra. Quando entrarono nella capanna trovarono il giovanotto zoppicante e naturalmente lo scartarono, mentre tutti gli altri giovani furono reclutati. I vicini non ci videro più: “E questa cos’è se non fortuna ?” E il vecchio contadino ancora una volta rispose imperturbabile: “Fortuna, sfortuna ..e chi può dirlo ?”.
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