Eva Bredariol – Avvocato, Ph.D., con competenza per la creazione di reti di imprese. Iscritta all’Ordine degli Avvocati di Treviso – Delegata ASSORETIPMI Padova.

Luigi Pompanin Dimai iscritto all’Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Belluno.

Fonte: Il Commercialista Veneto
Link articolo versione integrale:
https://www.commercialistaveneto.org/it/2024/10/14/il-www-delle-reti-di-imprese-why-what-who/

Why

La rete di imprese è una delle poche risposte di politica industriale che l’ordinamento giuridico e il sistema imprenditoriale abbia offerto allo storico problema del nanismo del tessuto produttivo italiano (oltre il 95%[1] delle imprese italiane sono microimprese che annoverano meno di 10 dipendenti). La micro e piccola dimensione, da sempre, ha conferito alle imprese la capacità di essere snelle, elastiche, veloci, reattive – è impresso nella memoria collettiva lo slogan “piccolo è bello”– tuttavia, si è rivelata, specialmente negli ultimi decenni, essere caratteristica fortemente limitante.

Proprio a questo si deve la genesi dell’intervento normativo sulle reti di imprese: nello scenario produttivo nazionale ed europeo, stante la congiuntura economica degli ultimi decenni, il trinomio crescita, competizione ed innovazione si raccorda inevitabilmente al ruolo delle PMI nell’economia europea. A tal proposito la Commissione Europea approvò nel 2006 il Programma Quadro per la competitività e l’innovazione ed il Consiglio Europeo nel marzo 2008 espresse sostegno senza riserve all’iniziativa di rafforzare la crescita e competitività sostenibili delle PMI, iniziativa denominata Small Business Act per l’Europa, e ne ordinò la rapida adozione. Fu proprio in risposta allo Small Business Act del 2008 che il Governo Italiano nel 2009 introdusse, in sede di conversione in legge del Decreto Legge n.5/2009, la norma disciplinante le reti di imprese (art. 3 commi 4-ter e ss. D.L.n.5/09 e ss.mm.ii.).

Con l’introduzione, nel 2009, dello strumento dei contratti di rete, si è offerta una strategia di reazione alla situazione derivante dalla frammentazione proprietaria e dalla piccola dimensione delle imprese italiane, risposta che si è fatta ancor più urgente nello scenario economico degli ultimi anni, non a caso la norma è stata introdotta all’ “alba del primo giorno” dopo la crisi del 2008 e il fenomeno non ha conosciuto battute di arresto. I numeri sono eloquenti e molto ci dice il trend di costante crescita del numero di contratti di rete stipulati e iscritti e il numero delle imprese aggregate in rete, giungendo ad essere 49.618 le imprese aggregate a settembre 2024 (ci si attesta attorno all’1% delle imprese italiane) e 9.422 le reti esistenti (melius i contratti di rete iscritti al Registro Imprese)

What

Nell’ampia categoria di modelli e soluzioni aggregative – in cui più imprese, formalmente e giuridicamente distinte, operano nel mercato, in modalità aggregata – rientra, occupando da quindici anni a questa parte una posizione particolarmente significativa e centrale, il contratto di rete, che è strumento che consente alle imprese di collaborare e cooperare pur rimanendo autonome, indipendenti, e cosa preziosa per gli imprenditori: ciascuno rimane il “dominus” della propria impresa, senza perdere titolarità e centralità.

Disciplinato dall’art. 3 commi 4-ter e ss. del D.L.n.5/2009 (conv. con L.33/2009 e ss.mm.ii.) il contratto di rete è un contratto stipulato tra più imprenditori per accrescere individualmente e collettivamente la propria competitività e capacità innovativa in base ad un programma comune di cooperazione. È nel perseguimento dello scopo di accrescere la capacità innovativa e competitiva che si declina il contratto, nel tendere ad obiettivi strategici condivisi stabiliti dalle imprese contraenti che lo stesso si identifica. Il contratto di rete è il risultato di una disciplina che le parti stabiliscono per i loro rapporti di collaborazione: la configurazione del contratto di rete, infatti, si caratterizza per l’ampiezza dello spazio riconosciuto alla determinazione negoziale.

Attraverso il contratto di rete le imprese danno vita e realizzazione al programma comune volto al raggiungimento di obiettivi strategici condivisi, e il programma comune, che le imprese decidono di condividere, si sostanzia nei progetti da attuare. Si assiste quindi alla creazione di reti con i programmi comuni più vari, che possono riguardare: la produzione, la commercializzazione, l’approvvigionamento di materie prime, la gestione di filiere produttive, la creazione di nuove idee brevettuali, la certificazione, la gestione del welfare aziendale, la gestione di commesse commerciali, l’erogazione di servizi etc.., secondo la fantasia e la capacità di intraprendenza e iniziativa degli imprenditori italiani.

Il contratto di rete si caratterizza per l’ampio spazio riconosciuto alla determinazione negoziale nell’individuazione degli obiettivi strategici, delle prestazioni oggetto del contratto, dei diritti e degli obblighi dei contraenti nonché in punto di governance del rapporto collaborativo: la loro individuazione, infatti, non è operata dal legislatore, neppure in via residuale, ma è interamente rimessa all’autonomia privata.

Il contratto di rete può, ma non necessariamente deve, dar vita ad un nuovo ente giuridico: si distinguono, infatti, le reti contrattuali (c.d. reti-contratto) dalle reti che originano un nuovo soggetto giuridico (c.d. reti-soggetto).

Non ci si sofferma ora, nel breve spazio di queste pagine, a descrivere le differenze in punto di caratteristiche strutturali, e relativa disciplina, tra reti meramente contrattuali e reti con soggettività giuridica, salvo sottolineare come la fattispecie e l’impianto di disciplina via via articolatosi e sviluppatosi dal 2009 ad oggi sia nato e stato pensato per le reti-contratto e solo in un momento successivo (L. 134/2012) sia stata introdotta la previsione della rete-soggetto. Ma quest’ultima fattispecie, sebbene l’Agenzia delle Entrate vi abbia dedicato la nota Circolare 20/e del 2013 fornendo indicazioni utili dal punto di vista fiscale, sconta gravi e articolate lacune in punto di disciplina civilistica. E, ad ogni buon conto, oltre alle gravi lacune e quindi a ciò che non possiamo prevedere, tra quanto invece ci è noto, dobbiamo rilevare che mentre la rete-contratto sa offrire numerose e svariate soluzioni in punto di articolazione degli elementi costituitivi, tanta parte di questa elasticità viene meno nella rete-soggetto.

Nel nostro ordinamento diverse sono le forme collaborative e gli strumenti a ciò impiegati dalle imprese: ne sono espressione, oltre ai contratti di rete, le ATI (o RTI), le figure consortili.

Mentre le associazioni temporanee sono forme aggregative occasionali e temporanee (come si evince dal nome), che vengono costituite in funzione della partecipazione ad una gara o singola commessa, pertanto esaurita la gara o commessa si estingue anche l’ATI; le reti, invece, sono forme aggregative di collaborazione che potenzialmente presentano ben più ampio respiro e spettro di obiettivi strategici, sono forme aggregative che generalmente preesistono e permangono rispetto ad una singola gara/commessa e non necessariamente esauriscono il loro raggio d’azione nella sola partecipazione ad essa.

Altra modalità di collaborazione può trovare espressione tramite la costituzione di un consorzio o di una società. Queste sono forme aggregative con le quali si crea un nuovo soggetto (il consorzio con attività esterna o la società), altro e ulteriore rispetto alle imprese aggregate. Il nuovo soggetto costituito si rapporta con i terzi e la sua gestione potrebbe comportare maggiore aggravio in termini di costi e tempi. Consorzi e società sono forme aggregative che si prestano a trovare applicazione quando si rendono necessarie forme di collaborazione tendenzialmente più stabili e durature rispetto all’aggregazione gestita tramite un’associazione temporanea. Con il consorzio gli imprenditori istituiscono un’organizzazione comune per la disciplina o lo svolgimento di determinate fasi delle rispettive imprese (art. 2602 c.c.). Nel consorzio (e questa considerazione può esser mutuata pure per le società) è il consorzio che opera e si attiva, mentre nelle reti di imprese, protagoniste sono sempre le imprese che devono agire, operare e attivarsi.

Quanto alle differenze con i gruppi societari, va posta attenzione al fatto che nelle reti di imprese non si tratta di un rapporto di titolarità di quote/azioni/ e quindi non è un tema di partecipazione nel capitale, ma è un tema di collaborazione (e in non pochi casi di co-opetition).

Who

Si aggregano in rete imprese di ogni settore produttivo, di ogni dimensione e le reti non sono necessariamente mono-settoriali, ma possono essere trasversali. La composizione e configurazione della rete dipende dagli obiettivi che le imprese si prefiggono nell’aggregarsi. Si aggregano imprese di piccole dimensioni per conseguire un effetto di crescita dimensionale, ma si aggregano anche le medio-grandi imprese, così come si mettono in rete le filiere, coinvolgendo le piccole realtà e la medio-grande impresa capofila.

La trasversalità dello strumento ne è peculiarità: dall’agroalimentare, a molte reti nei più disparati settori industriali, artigianali e del commercio: automotive, farmindustria, calzaturiero, meccanica di precisione, industria dell’acciaio, informatica open source, edilizia, sistema casa, system integration, turismo, mondo della cooperazione, trasporto. E non è solo con i diversi settori produttivi che si entra in contatto, ma soprattutto con le diverse finalità: reti per la ricerca e lo sviluppo, reti per l’innovazione di prodotto e/o di processo, reti per la crescita di competitività tramite le più svariate sinergie, reti per la gestione del welfare aziendale, reti per la tracciabilità di filiera tramite blockchain, reti per la sicurezza sui luoghi di lavoro, reti per l’internazionalizzazione, reti per le certificazioni di filiera.

I contratti di rete sono stati introdotti proprio per permettere agli “imprenditori di perseguire lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato”

A tal proposito, in punto di crescita della competitività, da un’analisi[2] degli effetti del contratto di rete sulla performance delle imprese, comparando i risultati prodotti da imprese in rete rispetto alle imprese simili in partenza, ma non in rete, è stato rilevato che quelle che hanno aderito a un contratto di rete hanno registrato una migliore dinamica occupazionale, superiore di 5,2 punti percentuali ad un anno, di 8,1 a due anni e di 11,2 a tre anni. L’impatto della rete sulla dinamica del fatturato di chi si aggrega è stato ancora più rilevante: da +7,4 punti percentuali dopo un anno a +14,4 dopo tre anni.

Per quanto concerne la crescita innovativa, richiamandoci all’ aforisma secondo cui “l’innovazione è il processo che genera valore partendo dalle idee” ( J.Tidd, J.Bessant), è di tutta evidenza come le progettualità di rete siano luogo di elezione di questo processo innovativo, poiché le reti di imprese sono appunto forme aggregative di collaborazione e cooperazione generatrici di valore attraverso la condivisione di idee, progetti, obiettivi, risorse.

Aggiungiamo un quarto W: Way

In quindici anni di evoluzione del fenomeno, molte misure sono state introdotte e si sono affermate a favore e appannaggio delle reti, dalle misure operanti sotto il profilo giuslavoristico, alle misure in ambito di appalti pubblici, alle numerose previsioni in termini di finanza agevolata, oltre al corposissimo apparato di misure per le reti di imprese in agricoltura. Vediamo in sintesi alcune tra le principali.

Le misure giuslavoristiche

La collaborazione e quindi l’operare in rete è sinonimo di condivisione di obiettivi, idee, progetti, attività e risorse, non ultime le risorse umane. Le collaborazioni strategiche, che si realizzano mediante i contratti di rete, rappresentano modalità nuove con cui le imprese affrontano il mercato e richiedono, di conseguenza, strumenti nuovi per poter operare. Sguardo e categorie nuove (una ex multis la codatorialità) si sono rese necessarie per apprestare risposta alle esigenze espresse dal mondo delle imprese in rete.

A tal proposito, il legislatore è intervenuto nell’art.30 del D.Lgs.276/2003 (Legge Biagi), e con l’inserimento del comma 4-ter ha previsto che “Qualora il distacco di personale avvenga tra aziende che abbiano sottoscritto un contratto di rete di impresa che abbia validità ai sensi del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, l’interesse della parte distaccante sorge automaticamente in forza dell’operare della rete, fatte salve le norme in materia di mobilità dei lavoratori previste dall’articolo 2103 del codice civile. Inoltre per le stesse imprese è ammessa la codatorialità dei dipendenti ingaggiati con regole stabilite attraverso il contratto di rete stesso”, pertanto le imprese aggregate in rete dispongono di due misure: distacco (cd. agevolato) e codatorialità del personale.

Per dare esecuzione al programma comune è sovente necessario poter condividere competenze e professionalità, talvolta già disponibili in seno alle imprese oppure implementare competenze e professionalità ulteriori, da reperire ex novo, sempre secondo logiche di condivisione e messa a fattor comune. Tutto ciò in funzione della massimizzazione del patrimonio di competenze e di costruzione di relazioni ispirate alla collaborazione e alla flessibilità (in uno con la stabilità).

Urge precisare un aspetto di grande importanza quando si tratta il tema delle misure giuslavoristiche nelle reti: il legislatore con la Legge n. 99/2013 (legge di conversione con modifiche del D.L. n. 76/2013) ha novellato l’art. 30 del D.Lgs.276/2003 (cd. “Riforma Biagi”) prevedendo il distacco (cd. “agevolato”) del personale tra imprese aggregate in rete e la codatorialità: sono queste misure funzionali alla rete e non viceversa. Preme sottolineare questa considerazione giacché non possono le reti prestarsi a impieghi elusivi del divieto di somministrazione del personale: sono il distacco e la codatorialità funzionali alle esigenze operative della rete e non il contrario. A fortiori, le risorse umane impiegate in distacco e codatorialità hanno da presentare e possedere profili di competenze e mansioni coerenti con le attività oggetto della collaborazione in rete.

Si tenga a mente che “fare rete” significa condividere progettualità, iniziative, attività, energie, risorse (appunto condividere un programma) in funzione del perseguimento di obiettivi strategici che attengono alla crescita competitiva e innovativa. Tra le risorse – che le imprese retiste condividono – vanno annoverate, non ultime, le risorse umane e questa condivisione, che correda la condivisione delle progettualità etc., presenta un ruolo strumentale, rientrando a pieno titolo tra “[..]le modalità di realizzazione dello scopo comune” rispetto al perseguimento degli obiettivi strategici.

Senza addentrarsi ora nelle specifiche tecniche della declinazione operativa delle misure giuslavoristiche previste per le reti, preme ribadire quanto il fronte delle reti di imprese abbia saputo e sappia aprire nuove prospettive e direttrici in diversi ambiti del fare impresa.

Partecipazione alle gare per appalti pubblici

Per le imprese aggregate in rete, inoltre, fin dal 2012 con la legge n.221/2012 (legge di conversione del D.L.n.179/2012) è stato novellato l’allora testo degli artt. 34 e 37 del d. lgs.163/2006 (Codice Appalti). E la disciplina, introdotta nel 2012, è poi stata traslata con ulteriori precisazioni nel Codice Appalti del 2016 (artt. 45 e 48 D.lgs.50/2016) e da ultimo nel Codice 2023 (artt. 65 e 68 D.lgs. 36/2023). Alla luce di tale previsione, le imprese aggregate in reti di imprese possono concorrere nelle gare per l’affidamento dei contratti pubblici, alla stregua dei raggruppamenti temporanei di imprese e del consorzio stabile (in quest’ultima ipotesi ai fini della qualificazione SOA). Tra le molteplici considerazioni che si possono sviluppare sul tema, si richiama all’attenzione del lettore il fatto che il legislatore degli appalti ha previsto “le aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete […]” valorizzando la prerogativa che, per sua natura, il contratto di rete presenta: struttura a geometria variabile, pertanto la rete può concorrere nelle procedure di affidamento in composizione parziale (la norma parla appunto di “aggregazioni di imprese aderenti”) rispetto alla totalità delle imprese retiste. Alla novellazione legislativa ha fatto seguito la Determina n.3/2013 dell’allora AVCP (oggi ANAC) con la quale sono state fornite le indicazioni operative circa le modalità di partecipazione delle imprese aggregate in rete alle gare. Molteplice e variegata è la casistica di reti di imprese (o meglio di aggregazioni di imprese aderenti a contratti di rete) che in questi anni hanno preso parte a gare per affidamento di contratti pubblici.

Partecipazione a bandi di finanza agevolata

Nella programmazione dei bandi sia nazionali che regionali, ricorrono costantemente misure e bandi in cui la partecipazione delle imprese aggregate con i contratti di rete trova particolari indici di premialità. Dalla nota “Agevolazione Fiscale” di cui al D.L.78/2010 (conv. con L.122/2010) che ha assistito le imprese aggregate in rete nel triennio 2010-2012, via via, negli anni, si sono avvicendate numerosissime misure di finanza agevolata, si tratta, pertanto, di tenere monitorato nel tempo il quadro delle misure pubblicate.

Il suddetto quadro delle misure è da sempre ricco e composito a dimostrazione del fatto che le reti sono ben presenti nelle manovre e negli interventi predisposti, al punto da assurgere a misura sistematicamente prevista e tenuta in considerazione.

Reti di Imprese in agricoltura

Particolarmente ricco di opportunità è l’insieme delle misure che assistono le reti di imprese nel settore agricolo. Per citarne solo alcune principali: dall’assunzione congiunta del personale (art. 31 D.lgs. 276/2003), alla ripartizione a titolo originario della produzione agricola (art. 1 bis D.L.n.91/2014, conv. L.116/2014), fino alla immatricolazione di macchine agricole in capo alla rete– contratto (art. 110 Cod. Strada). Inoltre ai contratti di rete agricoli sono stati “equiparati” gli accordi di foresta, introdotti dall’art. 35-bis, comma 1, del D.L. n. 77/2021 (convertito, con modificazioni, dalla L. 108/ 2021) quali strumenti per lo sviluppo di reti di imprese nel settore forestale, al fine di valorizzare le superfici pubbliche e private a vocazione agro-silvo-pastorale nonché per la conservazione e per l’erogazione dei servizi ecosistemici forniti dai boschi.

Reti tra Professionisti

Se le reti sono nate per le imprese, il legislatore nel 2017 con il Jobs Act Lavoro Autonomo ( art. 12 comma 3 L.81/2017) ha aperto anche alle professioni, prevedendo che:

“Al fine di consentire la partecipazione ai bandi e concorrere all’assegnazione di incarichi e appalti privati, è riconosciuta ai soggetti che svolgono attività professionale, a prescindere dalla forma giuridica rivestita, la possibilità:

a) di costituire reti di esercenti la professione e consentire agli stessi di partecipare alle reti di imprese, in forma di reti miste, di cui all’articolo 3, commi 4-ter e seguenti, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33, con accesso alle relative provvidenze in materia;[…]

L’allora Ministero dello Sviluppo Economico (MISE), con Circolare 3707/ 2018 e con nota prot. n. 23331/2020, ha fornito chiarimenti in materia di partecipazione di soggetti diversi dalle imprese ai contratti di rete, con particolare riferimento a:

  1. rete costituita tra soli professionisti, tutti iscritti ad un Albo, ma non al registro imprese ( cd,. rete “pura”);
  2. rete “mista” costituita tra professionisti iscritti all’Albo e imprese e altri soggetti ivi iscritti quali società tra professionisti, tra avvocati, dottori commercialisti, imprenditori commerciali e società commerciali»

Poiché ai sensi dell’art. 3 comma 4-quater D.L.5/09 ai fini dell’efficacia del contratto, nel caso di rete-contratto (privo cioè della soggettività giuridica), la pubblicità dev’essere assolta tramite iscrizione del contratto di rete nel registro delle imprese presso la posizione di ogni impresa ( sottoscrittrice originaria del contratto), nell’ipotesi contemplata dalla norma del Jobs Act, risulta impossibile iscrivere il contratto di rete sulla posizione al registro imprese di un soggetto (“che svolge attività professionale”) non essendo questo iscritto al registro delle imprese. A legislazione invariata, pertanto, appare possibile, secondo il parere del MISE – a fini pubblicitari – la sola iscrizione di contratti di rete misti (imprenditoriali – “professionali”), dotati di soggettività giuridica, come descritti al comma 4-quater del ridetto art. 3 del D.L. 5/2009. Detta fattispecie, infatti, prevedendo (proprio perché dotata di autonoma soggettività) l’iscrizione della rete al registro delle imprese in un’autonoma e propria posizione, non già sulla posizione dei singoli soggetti “retisti”, consentirebbe la possibilità di costituire e dare pubblicità alle reti miste.

Ne consegue, infine, che, reti pure tra professionisti possono ben essere costituite, ma al momento non esiste una previsione che ne consenta la pubblicità. Viceversa, laddove il professionista non appaia in proprio, ma sotto forma di STP, attesa l’iscrizione della medesima in sezione speciale del registro delle imprese, apparirebbe assolto anche l’onere della “natura formalmente imprenditoriale” del retista con possibilità di costituzione di reti non soggetto.

Nel frattempo, tuttavia, lì ove la rete “mista” sia stipulata tra professionisti e società (non STP) che non svolgono attività professionale, è doveroso chiedersi come si possa regolare l’eventuale esercizio, per il tramite della rete, di attività “protetta”. Con ragionevole certezza può escludersi che la rete doti, per una sorta di proprietà transitiva, la società dell’autorizzazione a svolgere attività “protetta”, pertanto ipotizzando (ma ci si muove su un terreno ancora molto poco indagato, purtroppo per la rete non abbiamo indicazioni, come invece si hanno per le società tra professionisti e le cooperative tra gli stessi in forza della L. 183/2011) che la rete possa assumersi l’ impegno di erogare un certo servizio -ricomprendente anche l’attività protetta- in tale assunzione dovrebbe quantomeno essere specificato che l’esecuzione dell’incarico professionale conferito alla rete sia eseguito solo dai retisti in possesso dei requisiti per l’esercizio della prestazione professionale richiesta.

Per il maggior sviluppo della rete tra professionisti, tanto dal punto di vista degli aspetti relativi alla pubblicità (sia nel caso di professionisti in proprio, sia che operino in associazione professionale), quanto per tutti i profili di compatibilità circa lo svolgimento di attività dotate di proprie discipline di settore e tutele ordinistiche, si resta in attesa di una normativa ad hoc.

Quanto descritto è una breve sintesi di un fenomeno che, forte di oltre quindici anni di storia e di evoluzione, sa traghettare le impese e, in genere, gli operatori economici verso una modalità particolarmente utile e preziosa, in quanto, come i dati e le esperienze raccolte in questo torno temporale dimostrano, le imprese che condividono un obiettivo comune possono raggiungere l’impossibile…. poiché “se vuoi arrivare veloce, corri da solo; se vuoi arrivare lontano, cammina insieme”.

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Treviso- Padova 3.9.2024 Avv. Eva Bredariol. Ph.D. iscritta all’Ordine degli Avvocati di Treviso

Luigi Pompanin Dimai iscritto all’ Ordine dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili di Belluno

[1] Struttura e competitività del sistema delle imprese industriali e dei servizi” – istat 2014

[2] Da Reti d’Impresa. Gli effetti del contratto di rete sulla performance delle imprese. Confindustria Centro Studi- Istat- Retimpresa, novembre 2017)

IMMAGINE: Elaborazione da dati Infocamere

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