Questa prospettiva di rilancio attraverso le Reti riportata nell’articolo del Sole 24 Ore a firma di Annamaria Capparelli (di cui segue un estratto), almeno per chi come noi segue nel day by day lo sviluppo del sistema Reti di Imprese nel nostro Paese (e anche negli altri Paesi), non è certo una novità.

Ma i provvedimenti importanti a favore dell’ormai sempre più scontato connubio tra agricoltura e Reti non si fermano mai. In particolare questo del Mipaaf in data 10 Agosto 2017: https://www.politicheagricole.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/9327
Parlo dei Contratti di Filiera, attesi già da molti mesi dagli operatori direttamente interessati.

Si aprono così nuove importantissime prospettive per chi ha deciso di operare in aggregazione, soprattutto sul fronte della pianificazione strategica e progettuale. Tutto spinge ad una maggiore consapevolezza e metodologia di chi ha deciso di operare in Rete.

Eugenio Ferrari, presidente ASSORETIPMI  
(tratto dal post sull’articolo nel gruppo di LinkedIn RETI DI IMPRESE PMI)

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Ecco l’estratto dell’articolo del Sole 24 Ore del 17 agosto 2017:

“L’associazionismo è nel Dna dell’agricoltura, ma trova ancora molti ostacoli per un suo pieno sviluppo. Con le reti d’impresa però i tanti vantaggi dovrebbero fornire la spinta giusta per le aggregazioni. Nessuno dei partner perde la sua identità, ma trae vantaggi sotto il profilo civilistico, lavorativo e fiscale. In pratica viene consentito alle aziende di mettere insieme terreni e attrezzature e di utilizzare anche assunzioni congiunte con salari ripartiti tra i «soci» che hanno firmato il contratto. Un altro aspetto interessante e che può avere un forte appeal è l’occasione offerta di lavorare insieme prodotti agricoli e trasformati per poi dividerli tra le singole imprese che mettono in comune i fattori di produzione. «In questo modo – spiega D’Arienzo – si possono abbattere i costi sia delle attrezzature sia dei lavoratori». Uno dei nodi che il settore deve affrontare è infatti proprio il bilanciamento tra costi, sempre troppo elevati, e prezzi dei prodotti, sempre troppo bassi per garantire una sostenibilità economica. Con le reti di impresa si possono utilizzare i macchinari migliori e assumere dipendenti super qualificati che un’impresa da sola non potrebbe permettersi ma che invece diventano economicamente accessibili se i lavoratori girano tra le imprese e i salari vengono ripartiti tra i partner.

Le leve per migliorare le perfomance delle imprese, secondo Confagricoltura, sono: incremento delle vendite e del fatturato, riduzione dei tempi di approvvigionamento, possibile priorità nell’accesso ai fondi dei Piani di sviluppo rurale, partecipazione alle gare d’appalto, migliore accesso ai capitali, incremento dell’innovazione, sviluppo delle risorse umane e facilitazione dell’internazionalizzazione dell’impresa. Non è poi certo da sottovalutare la ricaduta fiscale. La ripartizione coinvolge anche i prodotti e dunque anche se un’azienda lavora prodotto acquistato da un’altra che partecipa al contratto il reddito resta comunque agrario.

Un esempio: due partner «in rete» mettono a disposizione terreni e macchinari, poi decidono di produrre arance a marmellate. Sia il prodotto grezzo che quello lavorato viene diviso sulla base di una quota percentuale che tiene conto del contributo apportato da ciascuno nel processo e per default rientra nella tassazione su base catastale. Le premesse per uno sviluppo significativo – sostiene D’Arienzo – ci sono. Già con la normativa del 2009 non specificatamente rivolta all’agricoltura, le imprese del settore entrate in rete sono progressivamente aumentate e triplicate in particolare nel giro degli ultimi due anni. Le imprese agricole che partecipano a un contratto di rete, secondo le elaborazioni del Centro studi di Confagricoltura su dati Infocamere, sono arrivate a fine 2016 a quota 3mila con larga prevalenza di quelle che svolgono attività di coltivazione e allevamento. La distribuzione regionale delle aziende del settore che aderiscono a reti ordinarie premia Toscana (414 aziende), Lazio (335) e Friuli Venezia Giulia (327). Nel Sud in prima linea c’è la Campania (275). Le aziende in reti con soggettività giuridica sono 393 e riguardano promozione e commercializzazione di diversi prodotti e promozione dell’offerta turistica del territorio. I contratti di rete con partecipazione di imprese agricole sono 568 (coltivazione e allevamento, silvicoltura e pesca) con una media di partecipanti di 4,7 per coltivazione e allevamento, 1,8 per la selvicoltura e 4,2 per acquacoltura”.

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