da Fabrizio Garaffa, Avvocato, membro del TDL2 di ASSORETIPMI

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L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la circolare 18 giugno 2013 n. 20/E, attesa da diversi mesi, chiamata a fornire i necessari chiarimenti in tema di tassazione della rete soggetto di diritto: come già evidenziato nel titolo di questo post, si può dire che vengono confermate le ipotesi fatte sin dalla introduzione della rete soggetto di diritto con l’aggiunta, però, di una spiacevole sorpresa in merito al regime dell’agevolazione fiscale prevista dall’articolo 42, comma 2- quater, del decreto legge n. 78 del 2010.
Come noto, a seguito delle novità introdotte dall’articolo 45 del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 e dall’articolo 36 del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, è stata introdotta per le reti dotate di fondo patrimoniale comune, la possibilità di acquisire su base volontaria un’autonoma soggettività giuridica. Le imprese della rete, infatti, mediante l’iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede della “rete”, danno vita ad un nuovo soggetto di diritto, giuridicamente autonomo rispetto alle singole imprese aderenti al contratto.
L’Agenzia delle Entrate conferma che «La rete di imprese, per effetto dell’iscrizione de qua, diviene un nuovo soggetto di diritto (rete-soggetto) e, in quanto autonomo centro di imputazione di interessi e rapporti giuridici, acquista rilevanza anche dal punto di vista tributario. La rete-soggetto, infatti, costituisce, sotto il profilo del diritto civile, un soggetto “distinto” dalle imprese che hanno sottoscritto il contratto e, pertanto, sotto il profilo tributario, in grado di realizzare fattispecie impositive ad essa imputabili» in materia di imposte dirette ed indirette.
In altri termini, la rete – soggetto, proprio in quanto entità distinta dalle imprese partecipanti, esprime una propria forza economica e realizza, in modo unitario e autonomo, il presupposto d’imposta. Le singole imprese in rete comunque non perdono la propria soggettività tributaria poiché è la rete – soggetto ad acquisire in via autonoma la qualità di soggetto passivo di imposta a tutti gli effetti.
In particolare, le reti dotate di soggettività giuridica sono soggette all’imposta sul reddito delle società ai sensi dell’articolo 73, comma 2, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, secondo cui “Tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lettere b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto dell’imposta si verifica in modo unitario e autonomo”.
Ai fini Irap, ai sensi del combinato disposto degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, gli enti di cui alle citate lettere b) e c) dell’articolo 73, comma 1, del Tuir, le reti sono, in ogni caso, soggetti passivi d’imposta in relazione all’attività esercitata.
Ai fini IVA, la rete-soggetto rientra tra i soggetti nei cui confronti ricorre il presupposto soggettivo di cui all’articolo 4 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, fermo restando che l’applicabilità in concreto della stessa imposta dipende anche dal verificarsi degli altri due presupposti (oggettivo e territoriale).
In conseguenza di ciò, la circolare chiarisce esplicitamente uno dei punti più discussi negli ultimi mesi: «La soggettività passiva ai fini IVA comporta l’attribuzione di un numero di partita IVA proprio della rete con la conseguenze che gli eventuali adempimenti contabili ai fini dell’imposta in commento saranno effettuati autonomamente dalla rete».
Le Entrate aggiungono inoltre che la rete – soggetto, rientrando tra i soggetti di cui all’articolo 13 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, è obbligata alla tenuta delle scritture contabili. La circolare chiarisce, anche, quali siano i rapporti tra le imprese partecipanti e la rete. Si ritiene che essi debbano essere considerati rapporti di natura partecipativa analoghi a quelli esistenti tra soci e società. Con il conferimento al fondo patrimoniale della rete-soggetto, quindi, l’impresa aderente assume lo status di partecipante. La contribuzione al fondo patrimoniale da parte delle imprese aderenti al contratto di rete comune deve essere trattata quale “partecipazione” alla rete-soggetto che rileverà, al pari dei conferimenti in società, sia contabilmente sia fiscalmente.
Al riguardo, si rileva che i conferimenti iniziali, nonché gli ulteriori eventuali contributi successivi, che ciascuna impresa partecipante si impegna a versare al fondo patrimoniale comune, costituiscono un apporto “di capitale proprio” in un nuovo soggetto, il quale dispone di un proprio programma imprenditoriale non riconducibile direttamente all’interno del concetto del programma comune perseguito dai retisti.
Questa è la premessa della “brutta sorpresa” di cui si accennava all’inizio.
L’amministrazione finanziaria ritiene infatti questa circostanza sufficiente a far venire meno la possibilità per le imprese partecipanti al contratto di rete entificata di fruire dell’agevolazione fiscale prevista dall’articolo 42, comma 2- quater, del decreto legge n. 78 del 2010, atteso che la stessa è condizionata alla realizzazione degli investimenti previsti dal programma di rete da parte delle “imprese che sottoscrivono o aderiscono a un contratto di rete”. Viene citata al riguardo la decisione della Commissione europea C(2010)8939 def. del 26 gennaio 2011, che ha ritenuto che la misura fiscale in esame non costituisce aiuto di Stato, nel presupposto che la rete di imprese non può essere considerata una entità distinta e non ha personalità giuridica autonoma.
La sensazione che si ricava dalla lettura di queste note è che l’Agenzia delle Entrate abbia voluto forzare il dato normativo nazionale per non incorrere nella violazione delle norme comunitarie: appare infatti piuttosto incongruo ritenere che il programma comune delle rete soggetto di diritto sia radicalmente altro rispetto a quello voluto dai retisti, posto che sono proprio questi ultimi a concepirlo e ad inserirlo nel programma di rete. Le conclusioni cui giunge l’Agenzia delle Entrate sono quindi sicuramente discutibili, anche perché introducono una distinzione basata sull’interpretazione di una norma che non reca riferimenti all’agevolazione fiscale, bensì alla disciplina privatistica della soggettività giuridica.
Infatti viene fittiziamente introdotta, ai fini fiscali, una distinzione tra reti dotate o meno di soggettività giuridica senza che tale interpretazione si basi su un riferimento o una norma di raccordo con il regime premiale previsto dall’art. articolo 42, comma 2- quater del decreto legge n. 78 del 2010.
E’ di tutta evidenza come un documento di prassi non contenga alcuna rilevanza giuridica se non quella di orientare i funzionari dell’Agenzia stessa, per cui non resta che attendere una norma di interpretazione autentica oppure, in maniera più tempestiva, le indicazioni della giurisprudenza delle Commissioni Tributarie al fine di verificare la correttezza o meno di tale orientamento.
Interessanti anche le considerazioni svolte dall’Agenzia delle Entrate in merito alla reti di imprese che non si costituiscono come soggetto di diritto autonomo, cosiddette “Reti- contratto”.
Confermato che a queste ultime può essere attribuito un proprio codice fiscale, gli Uffici spiegano che nella rete – contratto la titolarità di beni, diritti, obblighi ed atti è riferibile, quota parte, alle singole imprese partecipanti.
Nella rete priva di soggettività giuridica, infatti, il rapporto tra le singole imprese retiste e l’organo comune è riconducibile ad un mandato con rappresentanza (cfr. art. 3, D.L. 5/2009 e s.m.i., comma 4 – ter, secondo periodo), ragion per cui gli atti posti in essere dall’organo comune producono direttamente i propri effetti giuridici nelle sfere individuali dei singoli rappresentati.
Ai fini fiscali, gli Uffici delle Entrate affermano che «l’imputazione delle singole operazioni direttamente alle imprese partecipanti si traduce nell’obbligo di fatturare da parte di queste ultime ed a queste ultime, rispettivamente, le operazioni attive e passive poste in essere dall’organo comune. Per i beni acquistati ed i servizi ricevuti nell’esecuzione del programma di rete, il fornitore dovrà, pertanto, emettere tante fatture quanti sono i partecipanti rappresentati dall’organo comune, intestate a ciascuno di essi e con l’indicazione della parte di prezzo ad essi imputabile. Specularmente, per le vendite e le prestazioni di servizi effettuate dall’organo comune, ciascun partecipante dovrà emettere fattura al cliente per la quota parte del prezzo a sé imputabile».
Qualora le singole imprese retiste pongano in essere degli atti nell’interesse della rete ma senza averne il potere di rappresentanza, non vi sarà alcun effetto diretto nella sfera giuridica delle altre imprese in rete. In tali ipotesi, quindi, la singola impresa in rete dovrà “ribaltare” i costi ed i ricavi ai partecipanti per conto dei quali ha agito emettendo o ricevendo fatture per la quota parte del prezzo riferibile alle altre imprese in rete.
Qualora, invece, l’impresa in rete non agisca per conto delle altre imprese in rete, senza, cioè, spendere neanche il potere di rappresentanza indiretta e al di fuori dall’esecuzione del contratto di rete, gli atti così posti in essere non comportano alcun effetto sulla sfera giuridica delle altre partecipanti al contratto di rete, così da doversi osservare l’ordinario regime di fatturazione.
Tale, almeno, sembra l’interpretazione più plausibile, visto che su questo specifico punto l’Agenzia non si esprime in modo particolarmente chiaro, soprattutto in relazione alla distinzione tra potere di rappresentanza diretta ed indiretta.

 

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