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Non sai mai da dove può arrivare una grande lezione di dignità e di vita, anche se quasi sempre te la puoi aspettare non dalle cose eclatanti e chiassose, ma da quelle più semplici e che avvengono quasi sempre in silenzio e nell’indifferenza generale.

 

Il 17 maggio mi trovavo ad Arese al “Workshop su lavoro e sviluppo territoriale” organizzato dal comune della città soprattutto in funzione della riqualificazione dell’area ex Alfa Romeo. Ma ancora una volta, in questo piccolo racconto domenicale, non c’entrano le (ex) grandi imprese, ma le piccole, e quello che sanno fare e testimoniare.

 

Sul finire del convegno, una premiazione: viene infatti chiamato il titolare di una piccola impresa di arredamenti, la Minola Arredamenti 1864 snc. Motivo del premio, i 150 anni di vita di questa piccola realtà. Dopo i saluti e le domande di “circostanza” l’intervistatore arriva inevitabilmente alla domanda clou: “Ma qual è il segreto della longevità della vostra impresa, e come ha fatto ad attraversare un secolo e mezzo tra guerre e crisi come quella attuale?” e il titolare risponde:”Molte volte ce lo siamo chiesti anche noi, una piccola impresa come la nostra capace di resistere ancora dopo tanto tempo, ed alle volte anche a noi stessi la cosa appare quasi un miracolo, fino a quando, qualche settimana fa, forse abbiamo trovato la risposta …” e l’ intervistatore” Ci spieghi meglio”

 

Riprende il titolare: “Sì perchè qualche settimana fà, quasi per caso, spostando un mobile che uno dei nostri operai aveva precedentemente montato in una casa, abbiamo scoperto con stupore che sul retro del mobile aveva scritto la data in cui aveva svolto il lavoro e poi, sotto, aveva anche scritto il suo nome e cognome”.” Da qui, da questa piccola scoperta, abbiamo forse capito uno dei segreti della nostra azienda: che i nostri operai, quando fanno il loro lavoro, e sentono di farlo bene e a regola d’arte, hanno la soddisfazione e l’orgoglio di un lavoro ben fatto, e quindi vogliono anche ‘metterci la firma’ ”.

 

In mezzo al caos epocale che stiamo attraversando e a tutti i roboanti proclami che arrivano da ogni parte sul come salvare l’Italia, sarebbe già un bel passo avanti chiederci, ogni volta che facciamo qualcosa per noi o per gli altri, se avvertiamo la soddisfazione di quello che facciamo e di come lo facciamo, e se ogni volta ci sentiamo anche sempre fieri di poterci mettere la nostra firma.

 

Eugenio Ferrari, presidente ASSORETIPMI

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