L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la circolare 18 giugno 2013 n. 20/E, attesa da diversi mesi, chiamata a fornire i necessari chiarimenti in tema di tassazione della rete soggetto di diritto. All’esito della lettura di questa circolare, si può dire che vengono confermate le ipotesi fatte sin dalla introduzione della rete soggetto di diritto con l’aggiunta, però, di una spiacevole sorpresa in merito al regime dell’agevolazione fiscale prevista dall’articolo 42, comma 2- quater, del decreto legge n. 78 del 2010.
Prima di approfondire il contenuto della circolare, è utile fare un passo indietro e ricordare brevemente gli aspetti più importanti della disciplina fiscale delle reti di impresa degli ultimi anni.
In tale materia possiamo individuare un vero e proprio spartiacque, vale a dire l’introduzione della possibilità di riconoscere soggettività giuridica alle reti di imprese operata dapprima con l’art. 45, Decreto – Legge 22.06.2012 n. 83, convertito, con modificazioni, dalla Legge 7 agosto 2012, n. 134 e poi perfezionata in forza dell’art. 36 del Decreto – Legge n. 179/2012, convertito, con modifiche, dalla Legge 17 dicembre 2012 n. 221.
Prima della approvazione di queste normative, il quadro era piuttosto incerto, anche se era prevalente l’orientamento che individuava nelle reti di impresa aggregazioni imprenditoriali sprovviste di soggettività giuridica.
In tale contesto, l’Agenzia delle Entrate, con risoluzione n. 70/E del 30 giugno 2011, aveva fornito indicazioni in merito alla iscrizione delle reti di impresa all’Anagrafe tributaria, precisando che il codice fiscale poteva essere riconosciuto alle reti in base all’art. 2, D.P.R. 29.09.1973 n. 605, rivolto alle organizzazioni di persone o di beni prive di personalità giuridica e “ferma restando l’esclusione di soggettività tributaria in capo alle reti di imprese”.
Nulla era però previsto dalla legge a proposito del trattamento fiscale da riservare alle reti di impresa e quindi, sulla base della teoria prevalente imperniata sulla assenza di soggettività delle stesse, si affermava che l’adesione al contratto di rete non comportava la modificazione né, tantomeno, l’estinzione della soggettività giuridica e tributaria delle imprese partecipanti, ragion per cui la soluzione preferibile era quella di riferire gli atti, i beni, i diritti e le obbligazioni nascenti dal contratto di rete pro quota ai partecipanti, come fosse una comunione. Secondo tale ricostruzione, quindi, le fatture di acquisto dei beni per la rete dovevano essere intestate a tutte le imprese partecipanti pro quota; parallelamente, i beni venduti o i servizi erogati dalle singole imprese in rete dovevano essere accompagnate dalle fatture emesse da queste ultime impegnate nell’operazione economica e per la quota corrispondente.
Il trattamento impositivo non riguardava quindi le reti in sé, sprovviste di soggettività tributaria, ma le singole partecipanti.
L’introduzione nell’ordinamento della possibilità di riconoscere la soggettività giuridica delle reti comincia a cambiare il quadro di riferimento: secondo molti osservatori, infatti, conseguenza logica di tale novità è che il regime appena descritto continui a operare solo per le reti che decidono di non acquisire la soggettività, mentre le reti “entificate”, disponendo di una soggettività propria, diventano titolari in prima persona, in sé stesse e per sé stesse, di situazioni giuridiche soggettive e quindi pongono direttamente in essere validi atti giuridici.
Da ciò discenderebbe l’applicabilità alla rete entificata di un proprio regime tributario e il riconoscimento di un autonomo numero di P. IVA.
Ed è a questo punto del dibattito che si inserisce la circolare in commento, la quale accoglie pressoché completamente le tesi maturate in precedenza, poco sopra riassunte sinteticamente.
La circolare si caratterizza inoltre per una trattazione articolata e non sempre di facile lettura, particolarità quasi obbligata dato l’elevato grado di tecnicismo della materia tributaria, che qui però si è tentato di semplificare il più possibile.
Come già detto, a seguito delle novità di cui all’articolo 45 del decreto legge 22 giugno 2012, n. 83 e all’articolo 36 del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179, è stata introdotta per le reti dotate di fondo patrimoniale comune la possibilità di acquisire su base volontaria un’autonoma soggettività giuridica. Le imprese della rete, infatti, mediante l’iscrizione nella sezione ordinaria del registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sede della rete, danno vita ad un nuovo soggetto di diritto, giuridicamente autonomo rispetto alle singole imprese aderenti al contratto.
L’Agenzia delle Entrate conferma che «La rete di imprese, per effetto dell’iscrizione de qua, diviene un nuovo soggetto di diritto (rete – soggetto) e, in quanto autonomo centro di imputazione di interessi e rapporti giuridici, acquista rilevanza anche dal punto di vista tributario. La rete-soggetto, infatti, costituisce, sotto il profilo del diritto civile, un soggetto “distinto” dalle imprese che hanno sottoscritto il contratto e, pertanto, sotto il profilo tributario, in grado di realizzare fattispecie impositive ad essa imputabili» in materia di imposte dirette ed indirette. Le singole imprese in rete comunque non perdono la propria soggettività tributaria poiché è la rete – soggetto ad acquisire in via autonoma la qualità di soggetto passivo di imposta a tutti gli effetti, senza per questo intaccare la soggettività delle altre imprese.
In particolare, le reti dotate di soggettività giuridica sono soggette all’imposta sul reddito delle società ai sensi dell’articolo 73, comma 2, del Testo unico delle imposte sui redditi (Tuir), approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, secondo cui “Tra gli enti diversi dalle società, di cui alle lettere b) e c) del comma 1, si comprendono, oltre alle persone giuridiche, le associazioni non riconosciute, i consorzi e le altre organizzazioni non appartenenti ad altri soggetti passivi, nei confronti delle quali il presupposto dell’imposta si verifica in modo unitario e autonomo”.
La rete di impresa entificata costituisce, infatti, una organizzazione non appartenente ad altri soggetti, nei confronti della quale il presupposto d’imposta si verifica in maniera unitaria e autonoma.
La rete entificata rientra quindi tra gli enti commerciali o non commerciali, diversi dalle società, di cui alle sopra citate lettere b) e c), a seconda che svolgano o meno attività commerciale in via principale o esclusiva. Il requisito della commercialità comporta, invece, che il soggetto abbia come oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali ossia produttive di reddito d’impresa (art. 74 TUIR).
Ne consegue che qualora la rete – soggetto eserciti attività commerciale in via principale o esclusiva, essa rientrerà nella fattispecie di cui al citato articolo 73, comma 1, lett. b), con conseguente applicazione delle disposizioni relative alla determinazione della base imponibile delle società e degli enti commerciali residenti, di cui agli artt. 81 e ss. del citato TUIR. Se, invece, la rete – soggetto non esercita l’attività commerciale in via principale o esclusiva, essa rientrerà nel campo di applicazione dell’art. 73, comma 1, lett. c) citato, con applicazione delle disposizioni relative agli “Enti non commerciali residenti” di cui agli articoli 143 e seguenti del TUIR.
Ai fini Irap, ai sensi del combinato disposto degli articoli 2 e 3 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, gli enti di cui alle citate lettere b) e c) dell’articolo 73, comma 1, del Tuir, sono, in ogni caso, soggetti passivi d’imposta in relazione all’attività esercitata.
Anche in questo caso si farà applicazione di una diversa disciplina normativa in base al tipo di attività esercitata: nel caso di attività commerciale, si dovrà seguire quanto statuito dall’art. 5 del D. Lgs. n. 446/1997 (la base imponibile è determinata dalla differenza tra il valore e i costi della produzione di cui alle lettere A) e B) dell’articolo 2425 del codice civile, con esclusione delle voci di cui ai numeri 9), 10), lettere c) e d), 12) e 13), così come risultanti dal conto economico dell’esercizio); nel caso di attività non commerciale, si farà invece applicazione dell’art. 10 del citato D. Lgs. n. 446/1997 (per gli enti privati non commerciali di cui all’articolo 3, comma 1, lettera e, che svolgono esclusivamente attività non commerciali la base imponibile è determinata in un importo pari all’ammontare delle retribuzioni spettanti al personale dipendente, dei redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui all’articolo 47 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e dei compensi erogati per collaborazione coordinata e continuativa di cui agli articoli 49, comma 2, lettera a) (45), nonché per attività di lavoro autonomo non esercitate abitualmente di cui all’articolo 81, comma 1, lettera l) del citato testo unico n. 917 del 1986).
Ai fini IVA, la rete – entificata rientra tra i soggetti nei cui confronti ricorre il presupposto soggettivo di cui all’articolo 4 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, fermo restando che l’applicabilità in concreto della stessa imposta dipende anche dal verificarsi degli altri due presupposti (oggettivo e territoriale).
In conseguenza di ciò, la circolare chiarisce esplicitamente uno dei punti più discussi negli ultimi mesi: «La soggettività passiva ai fini IVA comporta l’attribuzione di un numero di partita IVA proprio della rete con la conseguenza che gli eventuali adempimenti contabili ai fini dell’imposta in commento saranno effettuati autonomamente dalla rete».
Le Entrate aggiungono inoltre che la rete – soggetto, rientrando tra i soggetti di cui all’articolo 13 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, è obbligata alla tenuta delle scritture contabili. La circolare chiarisce, anche, quali siano i rapporti tra le imprese partecipanti e la rete. Si ritiene che essi debbano essere considerati rapporti di natura partecipativa analoghi a quelli esistenti tra soci e società. Con il conferimento al fondo patrimoniale della rete – soggetto, quindi, l’impresa aderente assume lo status di partecipante. La contribuzione al fondo patrimoniale da parte delle imprese aderenti al contratto di rete comune deve essere trattata quale “partecipazione” alla rete-soggetto che rileverà, al pari dei conferimenti in società, sia contabilmente sia fiscalmente.
Al riguardo, l’Agenzia delle Entrate sostiene che i conferimenti iniziali, nonché gli ulteriori eventuali contributi successivi, che ciascuna impresa partecipante si impegna a versare al fondo patrimoniale comune, costituiscono un apporto “di capitale proprio” in un nuovo soggetto, il quale dispone di un proprio programma imprenditoriale non riconducibile direttamente all’interno del concetto del programma comune perseguito dai retisti.
Questa è la premessa della “brutta sorpresa” di cui si accennava all’inizio.
L’amministrazione finanziaria ritiene infatti questa circostanza sufficiente a far venire meno la possibilità per le imprese partecipanti al contratto di rete entificata di fruire dell’agevolazione fiscale prevista dall’articolo 42, comma 2- quater, del decreto legge n. 78 del 2010, atteso che la stessa è condizionata alla realizzazione degli investimenti previsti dal programma di rete da parte delle “imprese che sottoscrivono o aderiscono a un contratto di rete”. Si ricorda che l’agevolazione in discorso riguarda le imprese che, per l’appunto, sottoscrivono o aderiscono ad in contratto di rete e consiste in un regime di sospensione d’imposta relativo agli utili di esercizio accantonati ad apposita riserva e destinati alla realizzazione di investimenti previsti dal programma comune di rete, preventivamente asseverato. Il beneficio viene concesso a condizione che gli utili di esercizio accantonati ad apposita riserva e destinati al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato all’affare, siano vincolati alla realizzazione, entro l’anno successivo, degli investimenti previsti dal programma comune di rete.
L’Agenzia delle Entrate spiega la suddetta esclusione anche alla luce della decisione della Commissione europea C(2010)8939 def. del 26 gennaio 2011, che ha ritenuto che la misura fiscale in esame non costituisce aiuto di Stato, in quanto la rete di imprese (non entificata) non può essere considerata una entità distinta e non ha personalità giuridica autonoma.
La sensazione che si ricava dalla lettura di queste note è che l’Agenzia delle Entrate abbia voluto forzare il dato normativo nazionale per non incorrere nella violazione delle norme comunitarie: appare infatti piuttosto incongruo ritenere che il programma comune delle rete soggetto di diritto sia radicalmente altro rispetto a quello voluto dai retisti, posto che sono proprio questi ultimi a concepirlo e ad inserirlo nel programma di rete. Le conclusioni cui giunge l’Agenzia delle Entrate, fermo restando il pronunciamento della Commissione Europea, sono quindi sicuramente discutibili, anche perché introducono una distinzione basata sull’interpretazione di una norma che non reca riferimenti all’agevolazione fiscale, bensì alla disciplina privatistica della soggettività giuridica.
Interessanti anche le considerazioni svolte dall’Agenzia delle Entrate in merito alla reti di imprese che non si costituiscono come soggetto di diritto autonomo, cosiddette “reti – contratto”.
Confermato che a queste ultime può essere attribuito un proprio codice fiscale, gli Uffici spiegano che nella rete – contratto la titolarità di beni, diritti, obblighi ed atti è riferibile, quota parte, alle singole imprese partecipanti.
Nella rete priva di soggettività giuridica, infatti, il rapporto tra le singole imprese retiste e l’organo comune è riconducibile ad un mandato con rappresentanza (cfr. art. 3, D.L. 5/2009 e s.m.i., comma 4 – ter, secondo periodo), ragion per cui gli atti posti in essere dall’organo comune producono direttamente i propri effetti giuridici nelle sfere individuali dei singoli rappresentati.
Ai fini fiscali, gli Uffici delle Entrate affermano che «l’imputazione delle singole operazioni direttamente alle imprese partecipanti si traduce nell’obbligo di fatturare da parte di queste ultime ed a queste ultime, rispettivamente, le operazioni attive e passive poste in essere dall’organo comune. Per i beni acquistati ed i servizi ricevuti nell’esecuzione del programma di rete, il fornitore dovrà, pertanto, emettere tante fatture quanti sono i partecipanti rappresentati dall’organo comune, intestate a ciascuno di essi e con l’indicazione della parte di prezzo ad essi imputabile. Specularmente, per le vendite e le prestazioni di servizi effettuate dall’organo comune, ciascun partecipante dovrà emettere fattura al cliente per la quota parte del prezzo a sé imputabile».
Qualora le singole imprese retiste pongano in essere degli atti nell’interesse della rete ma senza averne il potere di rappresentanza, non vi sarà alcun effetto diretto nella sfera giuridica delle altre imprese in rete. In tali ipotesi, quindi, la singola impresa in rete dovrà “ribaltare” i costi ed i ricavi ai partecipanti per conto dei quali ha agito emettendo o ricevendo fatture per la quota parte del prezzo riferibile alle altre imprese in rete.
Ciascuna impresa aderente alla rete, pertanto, farà concorrere alla formazione del proprio risultato di periodo i costi che ha sostenuto e i ricavi che ha realizzato per l’attuazione del programma di rete, a prescindere dall’esistenza o meno di un organo comune dotato di poteri di rappresentanza.
Ne deriva che, ai fini fiscali, i costi ed i ricavi derivanti dalla partecipazione ad in contratto di rete saranno deducibili o imponibili dai singoli partecipanti secondo le regole impositive fissate dal testo unico ed andranno indicati nella dichiarazione degli stessi.
Qualora, invece, l’impresa partecipante non agisca per conto delle altre imprese in rete ma nell’ambito della propria autonomia, al di fuori, cioè, dell’esecuzione del contratto di rete, gli atti così posti in essere non comportano alcun effetto sulla sfera giuridica delle altre partecipanti, così da doversi osservare l’ordinario regime di fatturazione.
Il contratto di rete rientra, infine, tra gli atti soggetti a registrazione ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. a), del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 (Testo Unico dell’imposta di registro).
Le modalità di assolvimento di questa imposta variano in base alla natura della rete, se rete soggetto ovvero rete contratto, e dei beni apportati alla stessa.
Per le reti – soggetto che svolgono attività commerciale o agricola in via esclusiva o principale, si renderà applicabile, in relazione ai conferimenti al fondo patrimoniale comune, l’art. 4) lett. a) della Tariffa, parte prima. Di conseguenza, a titolo esemplificativo, in relazione agli apporti di denaro o di beni mobili è dovuta l’imposta in misura fissa, pari ad euro 168,00, mentre in relazione a conferimenti di proprietà o diritti reali di godimento su beni immobili l’imposta è dovuta nelle misure indicate nell’art. 1 della Tariffa.
Se, invece, la rete – soggetto non svolge attività commerciale o agricola in via principale o esclusiva, per i conferimenti al fondo comune trovano applicazione le disposizioni dettate dagli articoli della Tariffa, parte prima, allegata al citato Testo Unico. In via residuale, trova applicazione l’articolo 9 secondo cui l’imposta di registro è dovuta nella misura del 3 per cento.
Per ciò che invece riguarda le reti – contratto, si applicherà, in linea di massima, l’imposta di registro in misura fissa prevista dall’art. 11 della Tariffa, parte prima, per un importo di Euro 168,00 per atti pubblici o scritture private autenticate non aventi per oggetto atti a contenuto patrimoniale.

 

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