di Sara Bernabei,
abstract della tesi di laurea
Da sempre i rapporti tra le imprese (c.d. rapporti business to business) sono considerati uno strumento strategico per aumentare la loro competitività e, in alcuni casi, diventano addirittura l’unica possibilità per sopravvivere nel mercato. Si pensi in particolare alle piccole e medie imprese, che rappresentano circa il 95% del sistema industriale italiano, nel corso del tempo hanno dimostrato di sapersi adattare ai cambiamenti del mercato e sono sempre riuscite a resistere alle crisi congiunturali, che periodicamente interessano i vari settori. Il loro successo si è sempre basato, oltre che sulle loro abilità produttive e commerciali, anche e soprattutto sulla grande risorsa di conoscenze e competenze materiali e immateriali, che contraddistinguono le aziende italiane all’estero, il c.d. “made in Italy”.
Negli ultimi anni però, con la globalizzazione dei mercati e quindi l’ingresso di nuovi competitors, provenienti da contesti nazionali caratterizzati da un sistema di lavoro a basso costo (quali per esempio la Cina), le imprese non riescono più a mantenere le posizioni di vantaggio competitivo di una volta. Gli elevati standard qualitativi, che caratterizzano le produzioni artigianali italiane, comportano costi troppo alti per gli imprenditori, che per questo si trovano costretti a delocalizzare la produzione in Paesi che prevedono appunto condizioni economiche più favorevoli, rinunciando quindi alla qualità e alle tradizioni. Inoltre, la c.d. “era digitale”, ossia lo sviluppo di nuove tecnologie, facilitando le comunicazioni e quindi lo scambio d’informazioni che alimentano il processo innovativo, contribuisce ad agevolare l’imitazione dei prodotti, nonché ad accelerarne l’obsolescenza. A tal proposito, se si considera che in realtà le imprese italiane investono pochissimo in “ricerca e sviluppo”, ne consegue che le stesse risultino poi inadeguate a rispondere alle richieste di un mercato, che è in continua evoluzione e diventa sempre più complesso ed esigente.
Sulla base di queste premesse emerge come, da un lato esiste l’esigenza per le pmi di svilupparsi e crescere, ma dall’altro è pure evidente che le stesse vi debbano rinunciare a causa della mancanza di risorse soprattutto finanziarie. Da ciò nasce la consapevolezza di non essere autosufficienti e la necessità di unirsi ad altre imprese per rafforzarsi.
Il problema affrontato nella mia tesi riguarda proprio quest’ultima situazione. Viene infatti approfondito il tema dei rapporti business to business, molto diffusi nella prassi economica, ma fino a poco tempo fa sconosciuti al mondo del diritto. E’ solamente con il d.l. n. 5/2009 (art. 3, commi 4-ter, 4-quater e 4-quinquies), che il Legislatore fornisce finalmente un riconoscimento giuridico a questi rapporti, attraverso l’introduzione nel nostro ordinamento del c.d. contratto di rete. Ho quindi esaminato gli aspetti che caratterizzano l’istituto, sia dal punto di vista giuridico sia economico-manageriale, mettendo in luce le opportunità e i vantaggi che può fornire alle imprese, ma anche gli elementi di criticità che ad oggi rappresenta.
Lo scopo di questo lavoro di tesi è, quindi, di analizzare e valutare la concreta applicabilità di questo strumento e soprattutto la sua reale potenzialità, a fungere da ausilio per aumentare la capacità innovativa e competitività sul mercato delle pmi, a costi sostenibili. Per far questo ho svolto una ricerca sul campo, esaminando gli unici due casi (dati Unioncamere aggiornati ad ottobre 2013) di reti d’imprese costituite nel settore calzaturiero del distretto industriale fermano-maceratese. La scelta del settore è legata all’importanza che riveste nel nostro sistema industriale, in quanto l’Italia è leader indiscusso per la produzione e il commercio di calzature nel mondo e il distretto fermano-maceratese è uno dei più importanti, rivestendo il primato nazionale per l’incidenza della numerosità delle imprese in esso localizzate. Inoltre, le caratteristiche estrinseche di queste imprese e soprattutto la condizione di crisi, che sta vivendo il loro settore, si presta particolarmente ai fini dell’analisi di cui sopra. Si consideri, infatti, che, dal punto di vista organizzativo, tali imprese si basano ancora su una struttura aziendale prevalentemente a conduzione familiare, cosa che non ne agevola lo sviluppo e l’internazionalizzazione e, dal punto di vista operativo, sono caratterizzate da una produzione molto frammentata e arretrata tecnologicamente, che le rende sicuramente più deboli dei concorrenti esteri.
Il metodo di ricerca utilizzato è stato quello di reperire informazioni attraverso la conduzione di interviste ai protagonisti diretti di queste esperienze di rete, nonché ai professionisti del settore e ai rappresentanti delle associazioni di categoria, esperti nel campo. I risultati emersi hanno condotto a delineare un quadro piuttosto complesso degli aspetti del fenomeno analizzato, in quanto se da un lato sono stati positivi per le imprese coinvolte, dall’altro hanno fatto emergere alcune problematiche, che si è ancora lontani dal poter risolvere.
Nel dettaglio il lavoro è articolato come segue:
Nel primo capitolo sono trattate le origini degli studi sulle forme di collaborazione tra imprese, descritte come alternativa e superamento del binomio “gerarchia-mercato”, base della Teoria Economica Neoclassica, attraverso i contributi degli studiosi-economisti Coase, Richardson, Powell e Williamson. Vengono poi esposte le ragioni dell’emersione delle Reti come forma organizzativa specifica e, a tal proposito, viene proposta una classificazione delle principali forme di reti tra imprese, distinguendo in particolare tra reti proprietarie e reti burocratiche. Al loro interno si esaminano le caratteristiche dei singoli modelli, tra i quali i gruppi di società, le imprese cooperative e in particolare i consorzi, evidenziando le analogie e differenze più importanti ai fini della trattazione. Infine, vengono analizzati i principali istituti di Diritto commerciale, che il Legislatore ha introdotto attraverso apposite discipline speciali, quali il contratto di subfornitura, il franchising e, in particolare, i distretti industriali.
Il secondo capitolo è dedicato all’analisi approfondita delle Reti d’imprese, sia da un punto di vista giuridico, attraverso lo studio della disciplina legislativa sul Contratto di Rete, sia da un punto di vista economico, attraverso l’analisi degli aspetti caratterizzanti il cosiddetto management della rete. Nella prima parte sono stati analizzati le ragioni e l’ambito dell’intervento legislativo, le caratteristiche del contratto nelle sue parti fondamentali (soggetti, forma, oggetto e programma di Rete, organo comune e fondo patrimoniale) ed è stato dato spazio anche agli aspetti più dibattuti tra dottrina e giurisprudenza (fiscalità della rete e rapporto con le banche, soggettività giuridica e regime di responsabilità). Nella seconda parte, invece, sono stati considerati gli elementi fondamentali della gestione operativa delle reti, quali: i presupposti per la costituzione e gestione della rete; i rischi e le opportunità della collaborazione in rete; come si costruisce una rete tra imprese; l’importanza dell’attività di pianificazione e il ruolo dell’impresa leader per il successo e la durata della rete.
Nel terzo ed ultimo capitolo, infine, premessi brevi cenni sulle caratteristiche del settore calzaturiero in generale e una descrizione del distretto industriale fermano-maceratese, ho illustrato la ricerca svolta sui due esempi di rete costituite dalle imprese locali nel settore, quali la “Rete Calzatura Italiana” e la “Rete Marche Shoe Group”. Infine, ho riportato i risultati di queste esperienze e alcune considerazioni conclusive sull’istituto.
di Sara Bernabei,
abstract della tesi di Laurea